mercoledì 1 aprile 2020

LA REGOLA DEI SEGNI IN QUESTA PANDEMIA CULTUALE

La matematica mi ha sempre affascinato.
Esistono regole, teoremi e ipotesi da confutare o verificare. Non so se ricordate la Regola dei segni con le moltiplicazioni e le divisioni. Un piccolo ripasso non fa di certo male. “La regola dei segni per moltiplicazione e divisione prevede quanto segue: il prodotto di due fattori concordi (con lo stesso segno) è positivo mentre il prodotto di due fattori discordi (con segno diverso) è negativo”. Così più per più dà come risultato un più, più per meno dà come risultato un meno e meno per meno dà come risultato un segno più. 
Mi chiederete ora perché scrivere una cosa così banale con i tanti problemi che viviamo oggi.
In questo periodo di quarantena, come uomo di Chiesa, vivo la fatica nel celebrare l’Eucarestia da solo, come se fossi un eremita: la mia vocazione è di sacerdote diocesano e la carità pastorale è il termine che meglio identifica il mio essere. Avendo più tempo per vivere la casa canonica e la chiesa vuota, nonostante continui a ritmi alterni a scrivere decreti e a preparare documenti per il lavoro di curia, mi trovo a leggere maggiormente i pensatori cattolici che dai testi della tradizione della Chiesa traggono conclusioni varie e a volte avariate. 
Il Concilio Vaticano II ha proclamato che il Sacrificio Eucaristico è «fonte e apice di tutta la vita cristiana» (Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, 11) 
«Infatti, nella santissima Eucaristia è racchiuso tutto il bene spirituale della Chiesa, cioè lo stesso Cristo, nostra Pasqua è pane vivo che, mediante la sua carne vivificata dallo Spirito Santo e vivificante, dà vita agli uomini» (Conc. Ecum. Vat. II, Decr. sul ministero e la vita dei presbiteri Presbyterorum Ordinis, 5). 
Inoltre, nell’Ordinamento generale del Messale Romano vi è scritto esplicitamente: “Poiché la celebrazione della Messa, per sua natura, ha carattere «comunitario», grande rilievo assumono i dialoghi tra il sacerdote e i fedeli riuniti e le acclamazioni. Infatti questi elementi non sono soltanto segni esteriori della celebrazione comunitaria, ma favoriscono e realizzano la comunione tra il sacerdote e il popolo.” (OGMR, n.34) 
Come possiamo parlare di comunità quando, in tempi di pandemia, dobbiamo restare in casa, molte volte da soli, per evitare che il contagio si diffonda e non si riesca più a trovare spazio negli ospedali per salvare vite? 
Non avendo risposte a questo e ad altri interrogativi continuo a leggere: grandi teologi, rubriche di dubbia appartenenza alla Chiesa Cattolica, pensatori liberi, leoni da tastiera che fino a fine gennaio frequentavano abitualmente la celebrazione eucaristica feriale e festiva e che ora si accaniscono contro la Conferenza Episcopale Italiana... Paragoni con Manzoni, fra Cristoforo e don Abbondio, (che bravi: finalmente si è compresa l’importanza dei Promessi Sposi nella formazione liceale!), pontefici e guerre mondiali, Santi ed esempi virtuosi in un’epoca che per nostra fortuna è passata. “Bisogna imparare dagli errori del passato, rileggi la storia per comprendere il presente, chi non conosce la storia è destinato a ripeterla….”
Leggo infinità di banalità mascherate da pensiero teologico. 
Laici che discutono se sia il caso o meno di celebrare in una chiesa vuota, il Ministero degli Interni che stila una nota per la Settimana Santa consentendo nelle celebrazioni la presenza di accolito, diacono, organista, lettore e colui che riprende per il popolo di Dio che è a casa... Io sono parroco da ormai alcuni anni e farei fatica a chiamare tre persone (seppur con un ministero importante) per celebrare con il concorso di un popolo ristretto! 
Ripensando alla Regola dei segni, mi rendo conto che il prodotto delle nostre riflessioni porta sempre come risultato ad un meno. 
Basta con questi pensatori che a seconda della condizione promuovono o distruggono la Chiesa Cattolica! Se Papa Francesco solo prega per l’umanità intera è perfetto, le scelte Episcopali italiane sono da demolire. Non si era contenti quando il Papa si è presentato all’umanità come “Vescovo di Roma”? 
Mi arrendo, meglio che mi metta a pregare un po’: l’esperienza dei Padri potrà illuminarmi. Loro sì che sono stati testimoni autentici per la loro epoca e hanno combattuto affinché la Chiesa arrivasse a noi e ci donasse la Salvezza che è Cristo. 
Mi imbatto in un pensiero di Sant’Agostino: “Qualsiasi evento storico, per quanto nefasto possa essere, è sempre posto su di una via che porta al positivo, ha sempre un significato costruttivo”. 
Ho trovato la soluzione ai miei interrogativi: meno per meno dà come risultato più! 
Un evento storico come questa pandemia è posto sulla nostra via perché possiamo trovare la forza per rialzarci. La negatività che proviamo nella nostra silenziosa e isolata partecipazione al mistero fondante la Chiesa che è l’Eucaristia, attraverso i canali radio-televisivi, oppure tramite Youtube e Facebook, mi porta a riflettere su come contrastare i tanti pensieri letti in precedenza. 
In questo tempo è meglio che ripenso, come ministro del culto divino, al mio modo di educare i cristiani a nuove forme di vicinanza a Dio, di dialogo con Lui, di preghiera. 
La meditazione della Parola di Dio non è riservata a frange di cristianesimo illuminato, a ordini religiosi o eruditi esegeti. 
Non esistono solo le preghiere devozionali, utili ad entrare in clima di preghiera senza distrarsi, ma che da sole non sono la soluzione...silenzio, invocazione dello Spirito Santo, lasciar fuggire i pensieri e i problemi e accogliere quel Signore che continua a parlarmi. 
Tutto questo mi propone forse un cambiamento epocale della mia vita: le mie relazioni, i miei obiettivi, i miei valori, l’importanza della mia interiorità. 
La famiglia, gli affetti, il lavoro, il mio tempo. 
Affido tutto nelle mani di Dio e cerco di moltiplicare tutte le mie negatività a questa pandemia, per trovare il risultato più che positivo.
don Stefano Zanella

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